Giovani amanti clandestini, dominati dalla passione: una Giulietta e un Romeo un po’ meno ingenui e un po’ più avanti negli anni. Non rampolli di due famiglie rivali, come in Shakespeare, ma esponenti di due comunità in conflitto da decenni. Il trentaquattrenne regista, come nel suo precedente “Amore furti e altri guai”, offre una lettura laica e non faziosa del conflitto arabo-israeliano. I suoi protagonisti, sia pure nelle loro debolezze, sono personaggi ricchi di dignità. Non frequentano sinagoghe né moschee, neanche pregano.
E non si occupano di politica, come spesso ripetono. Né sono interessati a inveire contro la fazione opposta. La loro unica aspirazione sembra anzi quella di avere una vita cosiddetta normale, matrimonio e adulterio inclusi. Ma vivono in una città dove, per citare Lucio Dalla, essere normali è un’impresa eccezionale. E dove l’esasperazione fanatica dei conflitti sembra sovrastare tutto e tutti: a un certo punto della storia, per gli israeliani Sarah diventa una spia, per i palestinesi Saleem è un eroe, ma è tutto un gigantesco equivoco.
Gli opposti fanatismi e le ragioni di stato, i giochi della politica e i servizi segreti di entrambe le parti non conoscono né rispettano le piccole esistenze quotidiane. Il regista Alayan mescola nel cast attori arabi ed ebrei, mettendo a fuoco la bellezza e la violenza di Gerusalemme. Lasciando emergere, in modo non ideologico, indiretto ma forse proprio per questo più efficace, la sua idea di pace e di convivenza.